Evidenze sempre più solide mettono in luce il ruolo della variabilità glicemica nello sviluppo delle complicanze diabetiche, in particolare quelle cardiovascolari. Lo sottolinea dalle pagine di Diabetes Care – in un editoriale fresco di stampa – il prof. Antonio Ceriello, che già nel 2005 poneva l’accento e insegnava che il controllo dell’iperglicemia post-prandiale doveva diventare parte della strategia per la prevenzione e il trattamento della malattia cardiovascolare nelle persone con diabete.
Ma cosa si intende per variabilità glicemica? Negli anni passati la definizione di variabilità glicemica era un po’ generica, perché era data da tanti fattori, non sempre facilmente ottenibili: variabilità inter-giornaliera della glicemia a digiuno; picchi glicemici post-prandiali; variabilità dell’emoglobina glicata. Oggi la variabilità glicemica viene definita come ampiezza, frequenza, e durata delle fluttuazioni del glucosio durante le 24 ore, misurate mediante autocontrollo (SMBG) o monitoraggio continuo (CGM).
E cosa succede se la variabilità glicemica è fuori controllo? Ampie oscillazioni glicemiche determinano l’esposizione di tessuti e cellule a un eccesso di radicali liberi, responsabili dello stress ossidativo. Quest’ultimo porta a disfunzione endoteliale e infiammazione, meccanismi alla base delle complicanze diabetiche.
Da: Ceriello A. Diabetes Care 2020; 43: 1169-1171 https://doi.org/10.2337/dci20-0012