Secondo una recentissima pubblicazione dell’American Heart Association un cittadino statunitense su 4 di età superiore ai 40 anni sta assumendo una statina, cioè un farmaco che inibisce la sintesi di colesterolo e che porta a ridurre in modo sostanziale il rischio di eventi cardiovascolari e cerebrovascolari. Risulta però che fino al 10% di questi soggetti arriva a sospendere la statina, attribuendo alla sua assunzione alcuni disturbi, che in realtà non sempre sono effetti collaterali del farmaco.
L’unica eccezione è rappresentata dal passaggio di urine molto scure, che potrebbero essere il segnale di un danno muscolare grave, chiamato rabdomiolisi. In questo caso va sospesa l’assunzione della statina e va contattato immediatamente un medico. C’è da sottolineare che fortunatamente la rabdomiolisi da statine si osserva in meno dello 0,1% dei pazienti in terapia con questi farmaci.
Gli effetti collaterali più frequenti durante la terapia con statine sono rappresentati da crampi e dolori muscolari, che coinvolgono l’1% dei soggetti. Spesso però crampi e dolori muscolari hanno altre cause, come ad esempio la carenza di vitamina D o problemi osteoarticolari. Un’altra ragione è l’effetto “nocebo”, l’attesa di un effetto collaterale noto da un farmaco, pubblicizzato dalla stampa e sottolineato dagli operatori sanitari.
Il ruolo della terapia con le statine nel ridurre il rischio cardiovascolare non si discute. E’ molto importante discutere con il proprio medico dell’eventuale necessità di iniziare la terapia ipocolesterolemizzante, soprattutto se si fa parte di un gruppo a rischio: ad esempio, si è avuto un ictus oppure un attacco anginoso, si ha il diabete, oppure si è giovani ma con colesterolo LDL uguale o superiore a 190 mg/dL
Da: Connie B. Newman et al. Statin Safety and Associated Adverse Events: A Scientific Statement From the American Heart Association. Circulation: Arteriosclerosis, Thrombosis and Vascular Biology, 2018 DOI: 10.1161/ATV.0000000000000073