La condizione di obesità si correla a un quadro clinico più grave durante l’infezione da SARS-CoV-2 (severe acute respiratory syndrome coronavirus 2). Diabetes Care ha appena pubblicato i dati raccolti da alcuni medici dell’Università di Wenzhou ed esaminati con il contributo di altri ricercatori, tra cui Giovanni Targher dell’Università di Verona. Lo studio ha messo in evidenza come la presenza di obesità si correlasse a un rischio quasi triplicato di manifestare la forma più grave di COVID-19 (coronavirus disease 2019). Ogni aumento di una unità del valore di indice di massa corporea (BMI) si associava a un incremento pari al 12% del rischio di COVID-19 nella sua forma più grave. Al momento del ricovero i pazienti obesi avevano alcuni indicatori di gravità per l’infezione da SARS-CoV-2, cioè elevate concentrazioni plasmatiche di proteina C reattiva (PCR) e riduzione della conta dei linfociti.
Ad oggi non è ancora chiaro il perché di questa forte associazione tra obesità e gravità dell’infezione da SARS-CoV-2. Si potrebbe ipotizzare che questo dato sia la conseguenza della condizione di infiammazione cronica di basso grado, che contraddistingue i soggetti obesi, insieme alla soppressione delle risposte immunitarie sia innate sia adattative. Inoltre, le caratteristiche dell’ospite possono portare alla selezione di ceppi virali più aggressivi, come è stato dimostrato in laboratorio per l’influenza A in topi obesi e in cellule del tratto respiratorio ottenute da soggetti obesi. Infine, non dobbiamo dimenticare che la condizione di obesità porta a una meccanica respiratoria sfavorevole, con ipoventilazione e maggiore incidenza di infezioni respiratorie.
Gao F. e coll. Diabetes Care https://doi.org/10.2337/dc20-0682