La steatosi epatica non alcolica (NAFLD) spesso coesiste con il diabete tipo 2 e lo stesso diabete tipo 2 mette il soggetto con NAFLD a rischio per la progressione a steatoepatite non alcolica (NASH), una forma di danno epatico grave che può evolvere a cirrosi epatica e ad epatocarcinoma. La patogenesi della NAFLD è complessa, coinvolgendo la resistenza all’insulina, lo stress ossidativo, la perossidazione lipidica e la disfunzione mitocondriale. Diversi antidiabetici orali sono stati studiati nel trattamento della NAFLD con risultati variabili. L’empagliflozin è un potente antidiabetico orale, che inibisce il trasportatore sodio-glucosio di tipo 2 (SGLT2), promuovendo così l’eliminazione urinaria di glucosio, riducendo la glicemia e migliorando la resistenza all’insulina.
E’ recente la pubblicazione di uno studio clinico randomizzato controllato che ha esaminato l’effetto di empagliflozin sul contenuto di grasso epatico nei pazienti con diabete tipo 2 e NAFLD. Il grasso epatico è stato quantificato con una tecnica di RMN (MRI-PDFF), che è nota per essere addirittura più sensibile dell’istologia nel valutare le variazioni di contenuto del grasso intra-epatico nel tempo.
Nel gruppo di soggetti trattati con l’aggiunta alla terapia antidiabetica di empagliflozin si rilevava una maggiore riduzione del grasso epatico rispetto al gruppo di controllo (- 4%). Inoltre, nel gruppo trattato con empagliflozin la quantità di grasso epatico si riduceva dal 16.2% all’11.3%, mentre nel gruppo controllo non si rilevava alcuna differenza significativa (dal 16.4% al 15.5%).
Da questi dati emerge un possibile ruolo di empagliflozin nel trattamento della NAFLD. Resta aperto il quesito se la riduzione del grasso epatico in corso di trattamento con empagliflozin si accompagni effettivamente a un miglioramento del quadro epatico di steatoepatite e/o steatofibrosi, che può essere solo svelato dalla valutazione istologica effettuata con la biopsia epatica.
Da: Kuchay M.S. e coll. Diabetes Care 2018;41:1801-1808.