Nel diabete mellito tipo 2, come in tutte le malattie croniche, la precocità degli interventi terapeutici è un aspetto essenziale; infatti, un intervento aggressivo e tempestivo ha dimostrato di ridurre l’incidenza delle complicanze vascolari. Inoltre, ed è questo un altro aspetto da non sottovalutare, interventi mirati sullo stile di vita, in particolare sul regime alimentare, e sulla terapia farmacologica possono indurre la remissione del diabete mellito tipo 2, che può raggiungere il 40% dei pazienti, fino al 95% nei casi sottoposti a chirurgia metabolica.
E’ di questi giorni la pubblicazione sul Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism dei risultati di uno studio clinico canadese, durante il quale sono stati arruolati 83 soggetti, di età compresa tra 30 e 80 anni, tutti affetti da diabete tipo 2 da non più di tre anni. I partecipanti venivano poi suddivisi in tre gruppi, uno gestito con terapia standard e gli altri due con terapia intensiva, per 8 e 16 settimane, rispettivamente. Ma in cosa consisteva la terapia intensiva? Nella riduzione dell’introito calorico di 500-750 kcal/die; nell’aumento graduale dell’attività fisica, fino ad arrivare ad almeno 150 minuti/settimana di attività moderata (almeno 10.000 passi/die),
Il gruppo di partecipanti sottoposti a trattamento intensivo per 16 settimane hanno avuto tra le loro file più remissioni. Infatti, dopo 52 settimane 6 soggetti su un totale di 27, pari al 22.2%, mantenevano una remissione completa o parziale. Ovvio che i numeri non sono enormi, ma danno un segnale: che la precocità, l’incisività, e la completezza del trattamento, che deve essere a 360°, alla fine paga in termini di controllo della malattia. Sarà interessante sapere se il controllo potrebbe essere anche a lungo termine, a seguito di un intervento tempestivo e più intensivo fin dalla diagnosi di diabete.
Da: McInnes N. e coll. J Clin Endocrinol Metab 2017, doi:10.1210/jc.2016-3373