L’immunità innata o aspecifica è la prima risposta immunitaria che il corpo umano attua in caso di infezione ma la sua azione può contribuire allo sviluppo di molte malattie autoimmuni, come il diabete tipo 1. Uno dei principali mediatori di questo tipo di immunità è l’interleuchina-1 (IL-1). Numerosi studi sperimentali hanno dimostrato come il controllo sull’attività di questa molecola sia in grado di modulare il processo autoimmune alla base del diabete tipo 1. Recentemente sono stati pubblicati i risultati di due studi controllati contro placebo, che avevano come scopo quello di valutare se la riduzione dell’IL-1 (rispettivamente attraverso un anticorpo capace di bloccarla, canakinumab, oppure attraverso un antagonista del suo recettore, anakinra) potesse rallentare il processo di distruzione delle cellule β pancreatiche (Moran A. et al, Lancet. 2013
doi:10.1016/S0140-6736(13)60023-9).
Servono più “armi” per bloccare il diabete tipo 1?
Ai soggetti arruolati nei due studi, tutti con diagnosi recente di diabete autoimmune, veniva somministrata una delle due molecole oppure placebo. Sia canakinumab sia anakinra sono state tollerate ma si sono dimostrate inefficaci nel prevenire la progressiva distruzione delle cellule produttrici di insulina. Purtroppo, lo studio è stato influenzato dal fatto che le persone selezionate avevano già il diabete tipo 1, anche se appena diagnosticato; è probabile che nelle fasi avanzate della malattia la modulazione della sola IL-1 non sia sufficiente a fermare il processo di distruzione a livello pancreatico. Per ottenere davvero un farmaco capace di prevenire il diabete tipo 1 sembrerebbe necessario intervenire in una fase più precoce della malattia oppure combinare la modulazione dell’IL-1 con altri meccanismi.